martes, 29 de marzo de 2011
miércoles, 23 de marzo de 2011
Visita di Bartolomeo I° alla Certosa di Serra San Bruno
Pubblicato il 21 marzo 2011 da cartusialover
Visita di Bartolomeo I
Patriarca ecumenico di Costantinopoli
alla Certosa di Serra San Bruno
21 marzo 2001
A dieci anni di distanza dalla visita in Calabria di S. S. il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I di Costantinopoli, primate del Cristianesimo ortodosso mondiale, voglio proporvi il testo integrale dei discorsi svoltisi nella certosa di Serra San Bruno.
L’avvenimento ha rivestito una rilevanza eccezionale, poiché è stata la prima volta nella storia che il Patriarca di Costantinopoli ha visitato una Regione (la Magna Grecia) che fu per cinque secoli, e fino all’XI°, sotto la sua giurisdizione. Va ricordato, che la Magna Grecia, sita nel centro del Mar Mediterraneo ha da sempre rappresentato in Europa il ponte naturale tra Oriente e Occidente e tra Sud e Nord.
La visita in Calabria ebbe inizio il 19 marzo 2001, e si concluse il 23. Il giorno 21 vi fu lo storico incontro nella certosa calabrese, alla presenza di autorità ecclesiastiche. In quella occasione Bartolomeo I tenne un toccante discorso, a cui fece seguito un caloroso saluto del Priore Dom Jacques Dupont, che . volle così accogliere l’illustre ospite. Al termine dell’evento il Patriarca di Costantinopoli fece dono alla comunità monastica certosina di una preziosa lampada votiva, in seguito conservata gelosamente dai monaci serresi nella Cappella delle reliquie.
DISCORSO DI SUA SANTITA’
IL PATRIARCA ECUMENICO BARTOLOMEO I
Eminentissimo Metropolita d’Italia e caro fratello in Cristo Signor Gennadios,
Eccellentissimo Arcivescovo di Catanzaro-Squillace Monsignor Antonio Cantisani
Reverendissimo Padre Jacques, Priore di questa celebre Certosa posta sotto la protezione del glorioso protomartire ed arcidiacono Stefano,
Venerati Padri che praticate l’ascesi in questo sacro luogo,
Nostri figli diletti nel Signore.
Deposte nel Sacro Monastero di San Giovanni Theristis parti delle reliquie del Teoforo Giovanni, siamo adesso nuovamente in un sacro luogo di penitenza, prezioso strumento che ci prepara degnamente per la Santa Pasqua, terreste e celeste. I rapporti fraterni stabiliti in questi ultimi anni tra i nostri monaci, residenti o pellegrini in Calabria, e la vostra comunità monastica, traggono origine dall’amore che il vostro fondatore, il beato Bruno di Colonia, nutriva per i padri greci che incontrò, frequentò ed amò in questa terra, in cui operò in solitudine, soffrendo per la dolorosa separazione, allora operatasi, tra le nostre Chiese. Recò pesantemente questa sofferenza fin alla sua venerata dormizione e certamente la rechiamo sino ad ora sia noi che voi. A nove secoli da quell’evento siamo oggi felici nel constatare il solido vincolo spirituale stabilitosi in questi ultimi anni tra voi e i nostri monaci. Il vostro continuo dialogo e comunione in Cristo Gesù, qui nel centro della Calabria, costituisce la concorde supplica al Signore dei monaci greci e latini, ortodossi e cattolici, per l’unità dei Cristiani. Voglia Colui che è morto e risorto “per noi uomini e per la nostra salvezza” concedere l’unità alle Chiese d’Oriente e d’Occidente e di tutto il mondo. I sacri luoghi spirituali, mèta del nostro odierno pellegrinaggio, inducono tutti noi, chierici e laici, ortodossi e cattolici, ad avvertire con maggiore intensità e nostalgia l’urgenza di adoperarci per ristabilire l’unità delle nostre Chiese. La più sicura strada per raggiungere ciò e la strada del pentimento e della santità, che cercano di trovare e percorrere specialmente i monaci. Mentre godiamo dei benefici spirituali che riceviamo da questo pellegrinaggio alle palestre ascetiche della Calabria, una terra segnata in profondità da entrambi le tradizioni spirituali dell’Oriente e dell’Occidente cristiano, vi esortiamo, padri e fratelli carissimi, a rimanere fedeli ai Santi e Teofori Padri della Chiesa, e specialmente a quelli della Chiesa indivisa, che costituiscono indubbiamente il comune punto di partenza e il comune fondamento della vita spirituale in Cristo sia dell’Oriente che dell’Occidente. Che essi illuminano i vostri passi per il bene del pleroma dell’Una, Santa, Cattolica ed Apostolica Chiesa, verso cui tutti dobbiamo guardare, perché costituisce l’uno e indiviso Corpo di Cristo. La partecipazione nostra e quella di tutta l’umanità a questa increata ed unica Chiesa, cioè a Cristo increato, è la Sua volontà salvifica che riguarda tutti e, di conseguenza, deve essere anche il fondamentale e solido desiderio e scopo di tutti noi. Soltanto in questo modo sia noi che l’umanità che soffre nell’attesa del ritorno del Signore o meglio attende il suo ritorno al Signore, vedremmo il volto di Cristo, la nostra speranza e salvezza, di cui la grazia e l’infinita, misericordia siano con tutti voi. Amen.
Bartolomeo I
SALUTO DEL REVERENDISSIMO PADRE
DOM JACQUES DUPONT
PRIORE DELLA CERTOSA DEI S.S. STEFANO E BRUNO
Santità, venerabili Metropoliti, Eccellenza reverendissima, Archimandriti, reverendi Padri e Fratelli in Cristo,
Sia benedetto il nome del Signore, ora e sempre.
Noi umili monaci certosini, vogliamo benedire il Signore perché, in questo momento, sentiamo in modo particolare la benevolenza della sua grazia: ci conferisce il dono di ricevere tra noi sua Santità, che presiede alla Chiesa di Costantinopoli, la chiesa dell’apostolo sant’Andrea.
Nell’itinerario del suo pellegrinaggio nei luoghi calabresi di tradizione greca, Lei ha voluto inserire una sosta nella Certosa, fondata dal nostro padre san Bruno più di novecento anni fa. Grande è la nostra gioia, perché grande è il dono del Signore.
Benedetto il Suo nome glorioso per sempre.
Santità, la sua visita, che avviene per la Provvidenza divina il giorno in cui la Chiesa latina celebra il transito di san Benedetto, costituisce una luminosa testimonianza: testimonia che il monachesimo può essere un meraviglioso ponte di fraternità tra le Chiese di Dio. L’Occidente ha ricevuto la vita monastica dall’Oriente e nulla, malgrado le lacerazioni, le incomprensioni, le divergenze, nulla è riuscito a distruggere questo patrimonio comune. Come ricordava il Metropolita Emilianos di Silyvria, in occasione di un incontro sul monachesimo tra oriente e occidente, “tutti scaturiamo dalla stessa sorgente e attingiamo alle stesse radici”. Noi certosini ci consideriamo umilmente come un innesto del grand’albero dell’antico monachesimo. Bruno, di cui custodiamo le sante reliquie, seguì infatti la luce dell’oriente, ossia quella di Antonio, di Macario l’egiziano, di Sisoes e di tanti altri monaci che, ardenti d’amore per il ricordo del Sangue che il Signore aveva versato, popolarono i deserti per professarvi la vita solitaria e la povertà di spirito. Per due volte, Bruno rifiutò di diventare vescovo e si ritirò nel deserto per cercare Dio solo. In una breve lettera attesta quanta utilità e gioia divina rechino la solitudine e il silenzio dell’eremo a chi ne fa l’esperienza. Di questa vita solitaria che vogliamo, con l’aiuto divino, condurre ancora oggi troviamo un’adeguata definizione nelle parole di Giovanni Climaco: “stare in continua adorazione di Dio, sempre alla sua presenza, con il ricordo di Gesù aderente al respiro”. Allora, continua il Climaco, “potrai toccare con mano i vantaggi dell’esichia”.Ma il deserto è anche il luogo della lotta. Bruno parla del combattimento faticoso che soli uomini forti, veri atleti di Dio, possono affrontare. L’anacoreta è impegnato in una guerra senza tregua contro i logismoi per poter fissare in Dio i pensieri e gli affetti con semplicità e purezza di cuore. Per mezzo di questa lotta ascetica il monaco si trasforma, si libera; nella solitudine della cella, il suo cuore si dilata tanto da poter abbracciare l’universo intero. Sono davvero adatte al certosino le parole d’Isacco il Siro: “Allontanati dal mondo intero con il corpo, ma unisciti al mondo intero con il cuore… Sii amico di ogni uomo, ma solitario nel tuo pensiero”. Bruno era talmente affascinato dalla Bontà di Dio che diventò lui stesso tutto bontà, tenerezza, misericordia; i suoi primi discepoli hanno scritto che “era sempre festoso in volto, insieme col vigore di un padre mostrava l’affetto di una madre”. Noi suoi indegni figli, benché nascosti nel deserto e separati da tutti, benché piccoli e peccatori, senza funzione visibile nella chiesa e per questo a volte incompresi, vogliamo essere, nel nostro cuore, uniti a tutti. Tra questa moltitudine, occupano senz’altro un posto privilegiato, date le nostre radici comuni, i nostri fratelli monaci della chiesa sorella d’Oriente, in specie quelli presenti in Calabria. Aspirando e pregando affinché venga il giorno in cui potremo bere allo stesso santo calice, siamo convinti che il cammino verso il dono della piena comunione tra le nostre chiese si percorre innanzi tutto con la preghiera e la conversione del cuore, per cui i monaci dovrebbero essere in prima linea sulla via della riconciliazione. Il Signore ci perdoni le nostre mancanze e i nostri peccati. Possa questo incontro odierno riaffermare il nostro impegno reciproco. La preghiera comune davanti alle Sante Reliquie di questo Eremo renda più vicino il traguardo dell’unità, affinché si compiano le parole di Gesù Cristo all’ora della passione: “Tutti siano una sola cosa”. Santità, ringraziandola sentitamente per la sua visita, Le assicuro, a nome dei miei fratelli che Le presenterò in seguito uno per uno, che da oggi pregheremo con un fervore nuovo per la sua persona, per il suo ministero ecumenico, per la chiesa di Costantinopoli e tutte le sante chiese ortodosse. A lode della gloria della Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo.
Dóxa tô Theô!
Dom Jacques Dupont
Priore della Certosa di Serra San Bruno
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